Certo, quando siamo piccoli o giovani, se preferisci, è tutto molto più facile.
Con il tempo però perdiamo la capacità di essere felici per le piccole cose e lasciamo sempre più spazio alle sensazioni spiacevoli, convincendoci che molto raramente incontreremo quelle gradevoli sul nostro cammino.
Sembra quindi che ci sia una predisposizione, con il trascorrere della vita, all’interruzione della ricerca della felicità, perché sembra un lavoro inutile.
Ma è davvero così?
Nella mia vita ho avuto l’occasione di incontrare persone davvero molto speciali, soprattutto dal punto di vista spirituale. In queste, ho sempre trovato un denominatore comune, ovvero la capacità di manifestare in ogni momento, quella felicità che siamo capaci di manifestare da bambini.
Trascorrere del tempo con queste persone, mi ha permesso di capire che non è una dote innata, c’è invece bisogno di coltivarla. Per tenere vivo il nostro bambino interiore, quello stesso individuo che è capace di rendere visionari i grandi imprenditori, serve esercizio.
Richiede esercizio essere riconoscenti, che è il primo passo; ma richiede esercizio anche tenere viva quella gioia che permette di affrontare ogni giorno con la prospettiva giusta. Quella delle possibilità infinite, che possono andare proprio nella direzione di ciò che desideriamo, per essere felici.
La luce del bambino interiore, può sembrare spenta, ma c’è sempre modo di recuperare quella scintilla che è in grado di riaccenderla.
Certo, avere voglia di farlo è un’altra cosa! E per quanto tu ti possa sentir dire da qualcun altro, che potrebbe essere la chiave per affrontare la vita in un modo diverso, finché la convinzione non arriva da te, non inizierai mai a fare nulla.
Io però, fatico a perdere la speranza che quello che scrivo possa effettivamente aiutare qualcuno. Per questo voglio portarti un esempio personale.
C’è stato un momento nella mia vita in cui mi sentivo come quando sei seduto sul divano, hai fame, ma non hai nessuna voglia di alzare il sedere e andare a prenderti da mangiare. Il punto è, che in questo caso, se hai un po’ di fortuna, puoi chiedere a qualcuno di portarti qualcosa da mangiare.
Quando però la fame non è di cibo, ma di felicità, non c’è nessuno che te la consegna a domicilio. Lo sforzo, per uscire dal pozzo scuro, è tutto a carico tuo.
Non è stato semplice, c’è voluto del tempo, ma alla fine è stato come moltiplicare le poche energie che avevo, fino a ad averne abbastanza e poterle utilizzare di nuovo per accendere quella luce che sembrava essersi spenta. Ho cominciato poco per volta, a vedere che nella mia giornata c’erano diversi momenti che potevo apprezzare e questo apprezzamento aumentava la mia energia. Ad un certo punto, si è innescato un meccanismo simile a quello della valanga, che parte con poco materiale e, strada facendo, diventa sempre più grande, trascinando con sé tutto quello che trova.
A quel punto è diventato molto più facile trovare cose per cui essere felici, ma è diventato anche più semplice ridere e sorridere per le cose che mi accadevano intorno.
Non ti posso garantire che non mi accadrà più di cadere nel pozzo, questo non lo so! Quello che so, è che ho capito che c’è il modo per uscirne e che non ho nessuna intenzione di lasciare mai più che la mia luce si affievolisca.
Non so se lo hai capito, ma tra le righe, ti ho detto che essere felici è un lavoro. E, anche se, come tutti i lavori richiede impegno e fatica, resta il più gratificante in assoluto.